Ammalarsi e curarsi nella realtà di oggi

Oggi la cura psicoanalitica con bambini, adolescenti e giovani adulti evidenzia che la funzione paterna, indipendentemente che essa sia espressa dai padri o dalle madri, o che sia espressa dalle famiglie tradizionali oppure mono od omogenitoriali, è pesantemente in crisi nel milieu culturale contemporaneo.cartoon psychoanalyst with patient

Parliamo non solo della crisi dei padri, ma della crisi degli individui, nel loro essere portatori di valori delimitanti, di codici di demarcazione e di istanze valoriali certe che includano il senso del limite e l’esperienza tollerabile del lutto, oltre che la forza propulsiva di un ideale dell’Io sufficientemente percorribile. Ugualmente critico il senso del materno inteso come strutturazione del legame e come esperienza primaria del contenimento e della significazione.

Molti bambini, come sempre vittime designate, nella ricaduta transgenerazionale delle patologie, e nella orizzontalità di mille negligenze ed abusi, sono i primi a patire una assenza di significazione – che è insieme paterna e materna in quanto accoglie, delimita e trasforma l’emozione grezza attraverso l’attribuzione di senso – e sono consegnati ad una fragile vertebrazione della loro mente, vengono gettati nel mondo senza un equipaggiamento sufficiente ad accompagnarli nel futuro.

Molti adolescenti patiscono un disordine – rispetto a solo qualche decennio fa – in cui sono abbandonati alle loro passioni tristi, ad una turbolenza totalmente priva di un ideale, sconfitti spesso in partenza perché non hanno un Padre da togliere dal trono ed appaiono come naviganti accecati nei loro breakdown evolutivi o condannati ad una sorda e strisciante psicopatia ad alta adattabilità sociale.

Da giovani adulti essi patiscono in aggiunta il vuoto di non percepire il lavoro come elemento fondante l’identità, sono disillusi senza potersi essere illusi o vengono consegnati ad una realtà del lavoro che perversamente li deumanizza, li fa essere cosa, oggetti deanimati, usati per la loro funzione e non per il loro potenziale creativo ed umano, privati a volte perfino della possibilità di essere proletari. In un’epoca in cui la tecnica plasma l’uomo e non è più l’uomo ad usare la tecnica, diventare adulti significa entrarvi con un passato di fragilità e di non significazione e con un futuro di deumanizazione.

Le relazioni interpersonali non possono che essere fragili a propria volta, improntate al paradigma dell’uso dell’altro, e di sintomi stessi – con cui si presentano i pazienti giovani adulti – denunciano questo stato di cose: il disperato controllo della fragilità profonda e della negazione dell’altro come interlocutore vivo ed autonomo, raccontati dal disturbo ossessivo compulsivo, i disturbi di personalità borderline o da ritiro fobico, la pervasività senza contenuti dei disturbi d’ansia generalizzati o di molte espressività psicosomatiche mute, ne sono un esempio. Si tratta di una evoluzione della psicopatologia ormai evidente da alcuni anni, che ha richiesto e continua a richiedere difficili adattamenti dell’approccio operativo della psicoanalisi.